Dove sono i ragazzi di oggi?

Nel giugno scorso a Bari si è tenuto il convegno nazionale dei direttori degli uffici catechistici diocesani. In tre giorni di intensi discorsi e dibattiti, sotto i riflettori sono stati posti i ragazzi di oggi. Il loro identikit si è confermato ancora una volta difficile da descrivere, perché imprevedibili, sorprendenti, irrequieti, mutevoli, sfuggenti. Unici e fuori dagli schemi dei manuali di psicologia.

Non più bambini e non ancora adulti

□ I ragazzi di oggi sono abitanti in una «terra di mezzo», senza confini precisi. Non sono ancora adulti, ma nemmeno bambini, e rivelano atteggiamenti che oscillano volentieri tra gli uni e gli altri.

□ Fa discutere il loro modo di (non)pensare, di (non)impegnarsi a scuola, di (non)essere presenti in casa, di (non)andare a messa o a catechismo…

□ La verità di un dialogo difficile tra il loro mondo e quello degli adulti si è presentata in particolare l’ultima sera durante il vivace e simpatico confronto tra i partecipanti al convegno e i ragazzi, protagonisti di un originale musical.

□ Nel dialogo, a chi chiedeva che cosa si aspettano dagli adulti, uno di loro, un ragazzo con i capelli dal taglio speciale, quasi strappando il microfono dalle mani di un suo animatore, ha replicato a velocità ultrasonica: «Perché non avete ancora capito di cosa abbiamo bisogno noi?». Interrogativo inaspettato e spiazzante, anche perché indirizzato a insegnanti, preti, educatori, genitori… Tutta gente del mestiere. Un autentico pugno nello stomaco che, dopo lo stordimento iniziale, è servito a confermare la sensazione che non è furbo continuare a ripetere luoghi comuni e appiccicare facili etichette a questi nuovi ragazzi.

I ragazzi al centro

□ L’eco di quel «non avete capito» sembra essere stato assorbito nei punti finali consegnati come promemoria da portarsi a casa sulla base dei temi affrontati nei gruppi di lavoro: le emozioni, il corpo, i valori, il pensiero, la relazione, la creatività e lo spirito. Sono parole che hanno cercato di raccontare i ragazzi, ma soprattutto di ascoltarli. E l’ascolto, coniugato con il tempo e la presenza accanto a loro, d’ora in poi dovrà arrivare prima delle parole da dire, prima dei consigli e delle indicazioni.

– Ascoltarli per capire di cosa hanno bisogno. Ascoltarli non per imbonirli o per trattenerli in gruppo o in parrocchia, ma per dare loro voce e renderli protagonisti.

– Ascoltarli per accoglierli, così come si presentano con le loro debolezze e ricchezze, difetti e virtù. Ascoltarli per dimostrare che essi sono importanti, insostituibili nella vita di una famiglia, di un gruppo, di una parrocchia.

– Ascoltarli sul serio e non facendo finta. In una parola, rimettendo i ragazzi «al centro dell’attenzione» delle occupazioni (e non solo pre-occupazioni), del tempo e della vita di ogni adulto che si incontra con loro. Con qualche grammo di umiltà e di autoironia e con quintali di simpatia verso questi ragazzi, che ‒ nonostante i loro alti e bassi ‒ si confermano, a volte, migliori di quello che sembrano, se non addirittura migliori degli adulti che hanno.

Valerio Bocci

Direttore Generale Elledici