La dimensione della carità

Le opere di carità sono, col digiuno e la preghiera, uno dei punti forti della Quaresima. E sono anche un’occasione per fare qualcosa di concreto a catechismo, per dare la possibilità ai ragazzi di diventare protagonisti. Ma attenzione a non passare da protagonisti a primedonne!

Un elemento essenziale

Quali sono le caratteristiche che ci fanno dire che la nostra offerta catechistica è valida? Quali i criteri? Nel periodo quaresimale, tempo di esame di coscienza, possiamo chiederci se il percorso dei nostri ragazzi si sta svolgendo nella giusta direzione. Quali spazi di protagonismo organizziamo per loro? E con quale spirito? Sono domande che sorgono dando un’occhiata alla copertina, nella quale tutti sono coinvolti in una “giornata della carità”: dal parroco ai bambini, passando per catechisti, genitori, adulti e giovani. Che sia essenziale darsi da fare per i più bisognosi nessuno lo mette in dubbio, ma si può correre il rischio che l’impegno caritativo sia fatto in maniera strumentale, utilitarista. Si fanno delle cose perché servono a noi, impegnano i ragazzi, li facciamo sentire utili e buoni… Insomma al centro ci siamo sempre noi, e il tarlo della primadonna erode il senso e il valore di ciò che facciamo.

Gli altri al centro

E invece al centro ci deve essere l’altro, la sua dignità, le sue necessità. E all’altro ci si accosta come ad un fratello, carne della nostra carne, sangue del nostro stesso sangue, con il rispetto che nasce dalla vicinanza e non dal distacco, pronti a ricevere più di quanto si dona. Vincendo anzitutto nella propria testa e nel proprio cuore la cultura dello scarto per vivere l’amore nella logica dell’inclusione, del servizio e della restituzione. Nel giudizio finale non saremo interrogati sulle verità di fede, ma sugli atti di carità. Allo stesso modo, gli appelli di Gesù ai bisogni concreti della vita delle persone (avevo fame, avevo sete, ero straniero…) devono essere messi alla base dell’impostazione della nostra catechesi, come criteri di verifica di una corretta trasmissione della fede. In altre parole, solo se sapremo far crescere cristiani capaci di amare veramente, potremo dire di aver
compiuto la nostra missione.